L'edizione del 2020
Folkest
Le norme restrittive anti-covid non hanno impedito ad un numero considerevole di appassionati di seguire i due appuntamenti di Folkest, international folk music festival 2020, approdato a Capodistria per la ventottesima volta. Sabato 22 agosto la suggestiva cornice della Taverna, l’antico magazzino del sale, ha ospitato due gruppi che negli anni sessanta e settanta hanno contribuito a fare la storia della musica rock nelle nostre terre e precisamente a Pirano.
Il pubblico capodistriano, limitato nel numero dalle ormai note norme anti pandemia, ha apprezzato dapprima il gruppo “Le.cat@ne” nato alla metà degli anni sessanta presso l’allora Circolo Italiano di Cultura di Pirano. All’epoca suonavano musica dei Beatles, Rolling Stones, Rokes ed Equipe ’84. La formazione comprende due membri originari: Fulvio Lacovich e Sergio Settomini. Coadiuvati dai musicisti Robert Vatovec, Piero Pocecco e Valter Kofol hanno eseguito musica italiana degli anni Sessanta/Settanta e oltre (The Rokes, Lucio Battisti, i Nomadi, i Profeti, Premiata Forneria Marconi, Adriano Celentano) e brani originali in dialeto istro-veneto).
Chiusa l’esperienza de Le Catene uno dei componenti, Fulvio Lacovich, con alcuni amici diede vita ad un nuovo complesso, i “Perpetuum Mobile” per aprire nuovi orizzonti musicali anche a livello locale come Santana, Allman Brothers Band, Creedence Clearwater Revival. All'epoca il gruppo era formato ancora da Franci Čelhar, Fredi Iskra, Marino Dugaro e Žare Cergolj, per sciogliersi nel 1971. Il complesso si è ripresentato per i 4/5 nella formazione originale (senza lo scomparso Cergolj) alla presentazione del volume “I Beatles di Pirano”. Ora, per celebrare i cinquant’anni dell’esordio, si sono ripresentati coadiuvati dal batterista Valentin Destradi e dalla cantante Vladka Gojak, con alcuni dei brani più popolari di Santana, CCR, Doors, Jimi Hendrix e Janis Joplin.
Domenica 23 agosto, sempre alla Taverna, sono saliti sul palco i mitici Nomadi. E questa volta il pubblico, sicuramente disciplinato e rispettoso delle regole, ha occupato anche parte dell’adiacente piazza Carpaccio per sentire brani che hanno fatto la storia della musica italiana come Auschwitz e Vagabondo.
Sono i primi anni ‘60 quando tra Modena e Reggio Emilia Beppe Carletti e Augusto Daolio decidono di formare una loro band. L’esordio avviene nel 1963 e il nome scelto è Nomadi, denominazione scelta un po’ per caso ma forse anche per destino.
Nel 1965 esce il loro primo 45 giri dal titolo Donna la prima donna e un anno dopo inizia la collaborazione con un allora sconosciuto Francesco Guccini. Da questo sodalizio nascono canzoni che segneranno una tappa fondamentale nel panorama musicale italiano: Noi non ci saremo e Dio è morto, diventeranno dei veri e propri stendardi per milioni di giovani. E nel ‘72 Io Vagabondo ancora oggi canzone simbolo della band e inno per diverse generazioni.
Sono passati 56 anni ma loro sono ancora lì: decine di concerti all’anno in tutta la Penisola con una media annuale di 1.000.000 di spettatori che comprendono bambini, genitori e nonni, creando così quello che si può definire il “popolo nomade”. Inoltre la band ha assunto anche la nomina di gruppo più longevo e non solo in Italia e prima di loro solo i Rolling Stones.